Ho fatto l’amore con Facebook

C’hai pensato una settimana e ancora scuoti la testa. Non ne sei molto convinto, e invece sì, lo hai sentito davvero. “Corpo di mille balene” avresti potuto dire. Invece è una settimana che sporconi incredulo.

Focalizza quel momento, odiali. Odiali ancora, un po’ di più. Ok basta.

Invidiali, ma non troppo.

Sono belli loro. Ma quando hanno aperto bocca… La prima parola in italiano è arrivata dopo sette minuti. E’ stato un grazie alla cameriera.

Ma il problema non è quello, non divagare. Non è la forma, ma i contenuti.

Il problema è che sono belli. Che continuano a smanettare con gli smartphone. Aprono Facebook, scartano richieste di amicizie da ragazzine semi vestite che ammiccano con le dita a V di vittoria sopra le tette olimpioniche, strette nelle canottiere che, solo quattro anni fa, mettevano a Barbie. Tu, invece, ricevi la richiesta di amicizia da ditte di restauri, promotori finanziari e qualche collega. Bello non lo sei, simpatico a fasi alterne. Il problema è che la tua cena non vuole arrivare, anche se siete in dieci in tutto il ristorante e le cinque dell’addio al nubilato hanno smesso di mangiare da secoli per dedicarsi a brindisi così ruvidi da scorticare anche orecchie ben allenate.

Origli, dai lo stai facendo. Non negare. Fingi disinteressati stiracchiamenti all’indietro per focalizzare meglio quello che stanno dicendo. Avresti preferito non averlo mai fatto.

– No, e questa? Ma questa che vuole, l’amicizia non gliel’ho data due volte, ancora insiste?

Il testo è stato ovviamente tradotto nella lingua ufficiale del nostro Paese e loro non fanno parte di minoranze linguistiche.

Digitano, fanno scorrere pagine e pagine di foto. Poi, nel silenzio del tavolo che è diventato anche quello di mezzo ristorante:

– Ma tu con Instagram a flirt come sei messo? Non sono aumentati? (ovviamente il dialogo è stato sempre tradotto)

– Instagram? No, poca roba. Poi l’ho dovuto togliere che lei non voleva

Evidentemente dei tre belli, uno è uscito da poco da una relazione. E questa sera hanno deciso di ritrovarsi tra loro, come ai vecchi tempi (avranno 23 anni), scapoloni pronti alla battaglia. I ruoli sono evidenti: c’è il bello e impossibile che non apre bocca e fuma Marlboro rosse morbide, c’è il ricciolone ribelle che non vuole troppe manfrine, una botta e via senza neanche salutare. Ha il tono cupo, il vocione e sembra che non abbia tutta questa inclinazione alla conversazione, ma sempre meglio del muto. Poi c’è lui, il grande regista. E’ lui che detta i tempi della conversazione e che fa domande in continuazione. Il bel muto, in quanto muto, evita di sprecare forze nel parlare e, forse, fa cenni con la testa, ma non lo puoi vedere. L’altro cede e racconta.

– Eravamo a Canneto (testo sempre tradotto), l’ho vista, mi piaceva. Mi sono un po’ avvicinato, la guardavo. Poi sono andato là

– Ma come sei andato là?

il conduttore non crede alle sue orecchie

– Ma così? Di persona? Ah non le hai scritto su Facebook, sei andato là… di persona. Ma la conoscevi già? Cioè così? Ma come hai fatto? Cioè

– Sì, cioè…ma poi ho chiesto il nome al barista, l’ho cercata su Facebook e le ho chiesto l’amicizia. Poi ci sono uscito eheheh

Grandi colpi di gomito tra i belli. Tu, grandi colpi di tosse.

Vieni fermato sul punto di prendere la parola nella loro discussione. Vorresti fare il fratello maggiore, quello del ai tempi miei ecc… Le figure di cacca e i numeri, del telefono di casa, imparati a memoria per poi puntualmente non ricordarli, le pappe rosse di vergogna, le tattiche studiate a tavolino e le interpretazioni sulle traiettorie degli sguardi. Niente, niente, tutto bruciato da questi tre soggetti. Una poesia tutta tua sbriciolata con una app.

Hanno calpestato il tuo passato, glielo devi fare presente. Ora ti alzi e…. per fortuna arriva la cena.